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Storia, fascino e… turismo nel Museo del Rugby di Colleferro: è nato un polo internazionale

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Un’attività nata quasi per caso ma che, con il passare degli anni, si è trasformata in una vera e propria “missione”, tanto da far diventare la città di Colleferro un polo di attrazione turistica. Corrado Mattoccia, presidente della Fondazione Museo del Rugby Fango e Sudore, parla con orgoglio della sua creatura, diventata nel corso degli anni un punto di riferimento internazionale per tutti gli amanti del rugby (e non solo).

Il museo, che si trova in via Carpinetana Sud 144 negli ex locali della Polizia Provinciale, sta acquisendo una fama sempre più internazionale, tanto da richiamare alla sua attenzione addirittura le più grandi celebrità della palla ovale, disposte ad affrontare anche viaggi impegnativi pur di immergersi in un’atmosfera che non ha eguali.

“La storia di questo museo? A dire il vero, all’inizio non c’è stato nulla di preparato – afferma Mattoccia –. Grazie all’amicizia con Mauro e Mirco Bergamasco andavo in Francia per comprare delle maglie e quando tornavamo in paese le distribuivamo, tenendone però qualcuna per me da amante e collezionista. Con il passare del tempo, durante i nostri incontri tra amici, ci siamo accorti che il numero di queste maglie cominciava a crescere sensibilmente e così, per proteggerle, abbiamo creato questa fondazione. All’inizio era un semplice gioco, ma da lì il passo è stato breve: sono partite molte iniziative a tema e abbiamo cominciato a intraprendere una serie di viaggi in giro per il mondo finalizzati a conoscere giocatori ed ex giocatori. Morale della favola: oggi siamo arrivati ad essere un punto di riferimento per il rugby dal punto di vista dei musei”.

Di strada ne è stata percorsa tanta in questi sei anni di attività: ad oggi sono addirittura 1.800 le magliette custodite, una collezione che ripercorre un po’ la storia del rugby mondiale degli ultimi anni attraverso firme di grande prestigio. “La fondazione è attiva dal 2011 e per fare un esempio, lo dico con un pizzico d’orgoglio, se vai in Nuova Zelanda, Inghilterra e Sudafrica dove ci sono musei ufficiali e conosciuti da tutto il mondo, oltre le varie coppe del mondo vinte dalle nazionali ci sono al massimo 50 maglie dei giocatori. Le nostre 1.800 maglie, oltretutto, sono “giocate”, nel senso che provengono da atleti che l’hanno indossata durante una competizione ufficiale”.

Una collezione ineguagliabile a livello mondiale e che ha avuto l’effetto di attirare un numeroso pubblico a Colleferro. “Proprio così – continua –, riceviamo visite da tutto il mondo, anche da gente che parte dall’Australia. Addirittura, nello scorso novembre, 57 ex nazionali argentini del rugby sono venuti in Italia a vedere la partita contro gli All Blacks e hanno visitato con piacere il nostro museo, sfruttando anche il forte legame che abbiamo con loro. Se possiamo definirlo un polo di attrazione turistica? Non nascondo che dietro questo progetto c’è un grande orgoglio da parte nostra, ci piace far conoscere la nostra attività e stiamo facendo il possibile per finanziarla e farla crescere, creando anche eventi ad hoc come cene sia per garantirci un sovvenzionamento che per esportare la tradizione culinaria della nostra terra, preparando cose locali. Se tu vedi che un ex All blacks vene in vacanza in Europa e magari sfrutta la situazione per venire tre giorni a Colleferro e visitare il museo, beh quella di certo è una grande soddisfazione”.