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L’industria musicale e la videoludica: quali sono i punti in comune e le divergenze

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Perché alcuni dei più celebri cantautori cedono i diritti sulle proprie canzoni? Come abbiamo potuto vedere, già durante lo scorso anno è cresciuta la lista di autori che hanno venduto alle proprie etichette (o ad altre label) i diritti d’autore sul materiale autografo prodotto e realizzato. Parliamo di cantautori del livello di Neil Young, Paul Simon, David Crosby, Bruce Springsteen e Bob Dylan.

Proprio il cantautore statunitense insignito nel 2016 con il Premio Nobel per la letteratura, ha dato il via a questa nuova tendenza, che ha un significato enigmatico, ma sicuramente tangibile per l’industria musicale. Come ha scritto la testata di Rolling Stone, la compravendita dei cataloghi di vecchie canzoni sta valorizzando le loro opere, in una gara rialzista senza precedenti apparenti. Diversi fattori possono avere influenzato questo boom di acquisizioni, con cifre che spesso raggiungono i 200 milioni di dollari, per qualcosa di sostanzialmente immateriale, come il diritto d’autore, musicale e dei testi scritti durante la loro carriera.

Bob Dylan però ha superato i suoi colleghi: non solo ha ceduto i diritti di copyright sui testi delle proprie canzoni alla Universal per 300 milioni di dollari, ma ha anche venduto il catalogo delle registrazioni alla Sony. Sony che gestisce l’etichetta a cui il cantautore è legato dal 1961, quando venne messo sotto contratto dal celebre talent scout John Hammond. Quest’anno oltretutto il prossimo 19 marzo saranno 60 anni dalla pubblicazione del primo disco autografo ed eponimo, contenente alcune canzoni tradizionale e solo due brani firmati dallo stesso Dylan. Tornando però al discorso dei diritti ceduti, vediamo nello specifico cosa stanno vendendo di preciso gli artisti.

In effetti grazie a questo genere di operazione band e cantanti stanno guadagnando dalle royalties, contratti con brand e altri accordi, su cui si fonda e si basa l’industria musicale già da tantissimo tempo. È importante specificare che dopo gli anni ottanta del secolo scorso, molti artisti tra cui anche David Bowie decisero di entrare in borsa, nel mercato azionario e di quotarsi come vere e proprie aziende. A differenza di altri settori come quello dei libri e del cinema, nel mondo della musica pop l’artista è spesso depositario e titolare del proprio materiale.

Nel caso di cantautori come Bowie, Neil Young, Springsteen e Dylan, è proprio l’artista ha creare e a detenere i diritti sul proprio materiale. Questo però potrebbe essere un discorso che vale solo per il passato, per quando cioè il valore di un artista era determinato alla vendita fisica di dischi, cd e musicassette. Oggi invece la musica viaggia in modo differente, grazie allo streaming e a portali come Spotify, iTunes, Amazon Music e lo stesso Youtube. Attraverso questi servizi di streaming è possibile acquistare e scaricare la musica in modo legale, pagando per questo tipo di servizio e di abbonamento.

La stessa pratica e di logica commerciale che c’è dietro realtà come Prime Video (Amazon) Netflix, Disney Plus, Infinity e Apple Tv+. Cambiano quindi i contenuti, ma la modalità è simile anche ad altri settori come quello del gaming, dove il cloud gaming è diventato una delle soluzioni migliori e maggiormente performanti per gli amanti del videogame. Anche qui la lungimiranza di Apple è stata fondamentale per questo circuito videoludico. Apple Arcade è infatti un servizio di gaming in abbonamento dove gli utenti possono accedere a una libreria con oltre 120 titoli in esclusiva, senza dover scaricare nulla e che gira bene anche sui dispositivi mobili come iPhone e iPad. Il futuro di cui si parla da tanto tempo è già iniziato e tutto ha avuto il suo avvio quando il settore del gambling ha deciso di puntare sul gioco online come le slot di NetBet o sulle piattaforme di cloud e di browser gaming.

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