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Media e terrorismo: oscuriamo chi compie atti terroristici

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Media e terrorismo: oscuriamo chi compie atti terroristici

Il terrorismo non è certo un problema recente e ogni tanto torna alla ribalta per via dei beceri attentati che avvengono in tutto il globo. Mai come gli ultimi anni il terrorismo è diventato un atto in larga parte simbolico quanto comunicativo. Una possibile soluzione per limitare il fenomeno dell’emulazione? Oscurarli.

Il terrorismo è (anche) comunicazione

I media dovrebbero fare fronte comune e oscurare qualsiasi notizia legata a possibili attentati in corso. Se avviene un episodio di cronaca nera in diretta riconducibile a un attentato un modo per fermarli sarebbe quello di oscurarli, di limitare la fuoriuscita delle notizie sui media parlando di attentato e spostare il focus sulle vittime anziché sui terroristi. Questi ultimi compiono gli atti perché ripresi dai media a livello globale e il fenomeno dell’emulazione non può che ripetersi all’infinito, generando nuovi mostri.

Spostare il focus sulle vittime

Bisogna parlarne e farlo spesso. Ma ciò che bisogna fare è togliere ai terroristi lo strumento principale che usano per comunicare: i media. Gli attentati terroristici, estremizzando, sono dei messaggi. Un attentato è comunicazione. I terroristi non devono in alcun modo essere esaltati, e questo ovviamente non lo fanno i media. Tuttavia, involontariamente, questi fenomeni possono essere ricondotti a qualcosa di simile a uno spettacolo per via delle censure.

Come diceva Baumann, la guerra è diventata intrattenimento e non fa più paura (a chi non la subisce)

Giustamente in tv vengono censurati gli episodi di estrema violenza, ma se li togliamo cosa rimane? Cosa resta dell’attentato avvenuto in Nuova Zelanda, ad esempio? Rimane, stando ai video diffusi dai media, un fucile con delle scritte e una visuale in prima persona che ai videogiocatori ricorda i giochi di guerra. Ciò cosa comporta? Le persone normali sicuramente non capiscono, ma quelle più a rischio saranno presumibilmente portate a esaltarsi per episodi di questo genere. Basti pensare che l’attentatore aveva tra gli idoli Luca Traini e quanto successo in Italia è giunto a lui tramite i media, appunto.

La morte e la pornografia

La componente spettacolare dell’intrattenimento di guerra viene ridotto dai media a uno show per famiglie. Ciò favorirebbe il controllo delle tensioni e la conservazione del modello sociale, generando effetti di distensione proprio in rapporto al più conflittuale dei fenomeni: la guerra. La componente informazionale lavora all’integrazione tra l’individuo e la società, gli schemi su cui si fonda l’unità nazionale e la coesione sociale. Siamo tutti sollevati constatando che, in fondo, anche al guerra e il terrorismo possono essere trasformati in “intrattenimento del sabato sera” e ci sentiamo tutti patriottici sui nostri divani. Nella società secolarizzata come quella Occidentale la morte è l’ultimo tabù. Ha un rapporto ambivalente: genera repulsione e attrazione. La morte è uguale alla pornografia (spinta a nascondere e a esibire). Lo scopo dei media è quello di massimizzare l’audience. Il fine dei terroristi è generare contenuti per gettarli in pasto ai media e produrre così propaganda globale.

Accordo globale tra media: parliamone

Oscuriamo i terroristi oscurandoci noi media. Il terrorismo deve restare una semplice immagine nera e quando avverranno bisognerà spostare il focus sulle vittime: solo così, probabilmente, i media non saranno più strumentalizzati. E probabilmente bisognerebbe estendere anche ad altri fenomeni questo tipo di discorso. Ovvio si parli di utopia: è pressoché impossibile stipulare un accordo globale, ma forse sarebbe ora di iniziare a discuterne seriamente.

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