Cultura

Artena sotterranea, intervista all’ingegnere Matteo Riccelli

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Artena sotterranea

Ad Artena ci sono diverse realtà culturali che cercano di valorizzare, diffondere e preservare il patrimonio artistico culturale: dal gruppo archeologico, passando per l’associazione di Montefortino, gli sbandieratori, l’associazione internazionale di BioUrbanistica, fino ad arrivare a singoli studiosi e appassionati che hanno fatto di Artena l’oggetto di tesi di studio.

E’ questo il caso di Matteo Riccelli, ingegnere artenese che sta portando avanti uno studio approfondito e molto interessante

Che tipo di studi hai condotto su Artena? Lo hai fatto per l’università?

Mi sono occupato di Artena e precisamente di Piazza della Vittoria quando mi sono trovato a dover proporre un tema da discutere in sede di tesi di Laurea in Ingegneria Edile Architettura.

La piazza rappresenta la parte più “moderna” del centro storico di Artena e  fu realizzata ex novo dal Cardinal Borghese nei primi 30 anni del XVII secolo per dotare il borgo di un accesso più comodo e adeguato rispetto a quello medievale che esisteva in quest’area, essendo da sempre noto che al di sotto di questa si trovano cunicoli, stanze e pilastri che la sostengono. Mi sono voluto cimentare nello studio di queste strutture che risultavano poco studiate scientificamente ma di cui si parla da sempre in maniera quasi leggendaria.

Inizialmente dovevo occuparmi solamente del risanamento e adeguamento sismico delle volte delle cosiddette “stalle nuove” che si trovano appunto al di sotto della Piazza collegate con il Palazzo Borghese  ed ho iniziato esplorando e studiando questi ambienti ma poi, spinto dai miei relatori, nonché  dalla curiosità crescente, ho ampliato le mie ricerche e le mie esplorazioni a tutto il complesso che si configura come un enorme serie di sostruzioni che interessa non solo tutta l’area della piazza ma anche la prima metà dell’attuale Via Garibaldi fino ad arrivare all’esplorazione del condotto della Cloaca.

Stiamo parlando di tre piani di archi, volte, pilastri addossati alla parete rocciosa del monte su cui sorge l’abitato medievale di Artena, realizzati per poter ampliare lo spazio della Piazza antistante il Palazzo Borghese e su cui poggia la parte di via Garibaldi, che appunto a questa conduce. Tutto fu realizzato in maniera intelligente assolvendo alla funzione di “struttura” per la piazza e per la strada ma sfruttando i nuovi spazi sotterranei venutasi a creare come granai, stalle, rimesse e botteghe.

Il mio studio iniziale è stato soprattutto di rilievo e di analisi delle fonti antiche per poter avere una visione unitaria del complesso,  ho censito tutti gli ambienti che lo compongono elaborandone anche un modello tridimensionale che ci permette oggi di capire la “mole” dell’opera che noi artenesi per molto tempo non abbiamo saputo quantificare e di cui abbiamo ignorato la grandezza, per poi passare ad una fase progettuale di risanamento edilizio e restauro di alcuni tratti del complesso.

Studiando Artena, quali peculiarità hai trovato che  secondo te possono essere utili a capire il paese di oggi? C’è qualcosa che ci portiamo dietro da tempo?

Ci portiamo dietro sicuramente la ciclicità con cui vive il borgo di Artena, che da sempre, vuoi per difficoltà del contesto o vuoi per vicende storiche ha vissuto fasi fiorenti e fasi di abbandono, ma c’è moltissimo da imparare dall’opera del Cardinale, non solo a livello storico e scientifico ma soprattutto a livello sociale.

Più che capire il paese va capito come farlo ripartire studiando appunto gli interventi che in passato hanno assolto a questa funzione. La costruzione di tutto il complesso fu voluta  sicuramente per accrescere in primis il “valore” del feudo e del palazzo, ma fu portato avanti come una vera e propria opera di Rigenerazione Urbana ante litteram.

Un borgo medievale  quasi totalmente abbandonato e in pessime condizioni,  circondato da un ambiente naturale ostile, viene fatto rivivere grazie ad una grande “infrastruttura di tipo commerciale”. Infatti al palazzo del potere temporale in superficie si contrappone un palazzo sotterraneo, al centro delle attività sociali ed economiche del borgo.

La nuova Piazza non ha rappresentato solo il nuovo ingresso al paese ma granai, falegnamerie, stalle e botteghe inglobati nella costruzione , concentrano al centro del borgo le attività produttive del feudo creando (come diremmo oggi) un centro commerciale a chilometri zero intorno a cui gravita tutta la vita dei feudatari dei Borghese e che contribuiscono, insieme ai loro signori, alla rinascita sociale ed economica del borgo.

Questa serie di interviste è incentrata sul centro storico. Secondo te, cosa manca al centro storico?

Basta recepire la lezione del Cardinale che rifonda un borgo difficile creando una nuova strada di accesso e portandoci dentro servizi primari e attività produttive, cose che devono andare di pari passo.

A livello nazionale la strategia sui centri storici sta cambiando e si è evoluta nel corso degli ultimi anni, si sta abbandonando sempre di più l’idea del borgo antico come luna park a tema solamente per attrarre turisti (quando ci arrivano) perché si è capito che non portano nel lungo periodo ad una rigenerazione urbana vera dei nostri borghi e quindi le peculiarità storiche, artistiche e folcloristiche vanno esaltate certamente a livello turistico creando un numero adeguato di eventi e aprendo le bellezze storiche ed artistiche ma concertate con la presenza di servizi primari per i cittadini che vorrebbero abitare il paese 365 giorni l’anno.

Il turismo “lento” che oggi la fa da padrone pretende di visitare paesi vivi, di poter scambiare due chiacchiere con le persone del luogo e non una serie di case abbandonate in cui trova ogni tanto qualche taverna o un negozietto o la chiesa aperta per quanto possano essere attrattivi.

Cosi come negli ultimi anni gli interventi architettonici e ingegneristici più interessanti si sono rivolti alla creazione di nuovi accessi e parcheggi perfettamente contestualizzati e inseriti nei nostri borghi basti vedere Perugia, Narni ma anche le vicine Velletri o Palestrina dove semplici scale mobili hanno già  risolto gran parte dei problemi di accesso

I problemi principali del borgo antico da sempre sono i parcheggi e la scomodità degli accessi che non permettono l’arrivo di abitanti che a loro volta non giustificano lo sforzo politico ed economico per portare servizi e attività commerciali.

Allora bisogna guardare solamente in quella direzione sfruttando le idee e le tecniche di restauro e rigenerazione urbana unite alle modernissime tecniche di bioedilizia per cercare di realizzare finalmente qualcosa di utile per la rinascita del borgo antico senza intaccarne la bellezza o degradare l’ambiente naturale che lo circonda.

Esempi, tecniche, le norme e professionisti per farlo ci sono, cosi come ci sono le università e i progetti europei dedicati al tema. Basterebbe mettere il problema in agenda tra i primi della lista.

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