Cultura

Artena, il lavoro dell’Arci Montefortino e la vita al centro storico

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Artena, il lavoro dell'Arci Montefortino e la vita al centro storico

L’universo di circoli, locali, associazioni e presidi dell’ARCI è ormai una solida realtà in tutta Italia, rappresenta un cosiddetto corpo intermedio del nostro paese; una grande espressione della società civile che dal 1957 anima il dibattito politico e culturale italiano con azioni concrete nei territori.

Al centro storico di Artena, la costellazione dell’Arci è ben visibile e individuabile a pochi passi da Piazza della Vittoria, in via del Municipio 3, dove c’è una piccola porta, sempre aperta. Lì dentro, in qualche metro quadro, Mino Massimei e Francesco Fiacchi animano le attività del Circolo Arci Montefortino ’93.

Il Circolo è attivo da molti anni sul territorio, ha avuto un’accelerazione delle sue attività attorno al 2008. Spiega Mino Massimei. Da lì in poi molte sono state le iniziative, presentazioni di libri, mostre, concerti e attività a supporto delle fasce deboli con collaborazioni insieme altre realtà associative della nostra città e del territorio circostante. Nella sede di Via del Municipio, spazio concesso da due amministrazioni comunali di diverso orientamento – continua a spiegare Mino –  si svolgono corsi di inglese sia per bambini sia “base” per adulti, sia per chi vuole prendere certificazioni riconosciute (B1, B2 e altro); corsi di musica: chitarra, canto, batteria, pianoforte, basso/elettrico. La sera è attiva la sala prove dove i gruppi musicali del territorio vengono a fare le prove. Durante la settimana c’è anche il doposcuola, con lezioni per ragazzi e ragazze delle scuole elementari, medie e superiori. Sono stati fatti tirocini pagati per ragazzi disoccupati e disabili della città.

Le attività svolte sono frequentate da persone di tutte le età – precisa Francesco Fiacchi –  Si va dal bambino o bambina delle elementari a quelli delle superiori per le ripetizioni, dalle persone che vengono per le lezioni di musica a quelle di inglese. Giovani, meno giovani, adulti che cercano di avere una formazione in più per la loro vita. Insomma fasce generazionali e sociali molto differenti. 

Con loro impegno quotidiano, Mino e Francesco cercano di garantire attività formative e culturali ai cittadini di Artena e, gestendo uno spazio sociale, questi due giovani artenesi possono aiutare a comprendere e a raccontare il centro storico d’Artena.

Uno spazio al centro storico permette di avere un confronto con le persone più diretto, spontaneo. Significa cercare di capire anche di cosa può avere bisogno e come relazionarsi con questi bisogni, cosa si riesce a soddisfare e cosa no. Al Centro storico manca una visione globale di cosa deve essere. Uno spazio per i giovani, per le giovani coppie? Un programma di attività da fare lungo tutto il corso dell’anno sia nelle associazioni che in parrocchia? Su questo andrebbe avviata una riflessione politica seria al di là della propaganda elettorale dei vari gruppi cittadini. Negli anni ne abbiamo sentite tante, ma a conti fatti le realizzazioni pratiche, tranne alcuni lodevoli casi, sono state poche. Non è un centro storico abbandonato. La questione non è il suo spopolamento per fortuna ma bisogna lavorare alla qualità della vita di chi ci abita. Le difficoltà di vivere tutto l’anno nel centro storico, per fasce di popolazione che invecchiano, sono evidenti. Difficoltà della vita di tutti i giorni: dalla spesa, ai medicinali, alle visite mediche. Senza drammatizzare troppo si dovrebbero sviluppare delle azioni in sinergia tra Comuni, Regione e associazioni per intervenire su questi fronti.

Ad Artena, chi lavora nel sociale deve fare i conti con un realtà frammentata e con una politica dal respiro corto che non riesce ad analizzare bisogni e potenzialità del centro storico. Per Mino e Francesco manca una visione d’insieme; una prospettiva, capace di uscire dalla retorica del “borgo storico non carrabile più grande d’Europa” e che sia in grado di far fiorire una discussione organica sulle diverse criticità.

Il centro storico non dovrebbe mai diventare né un dormitorio né un luogo distrutto dal turismo di “massa” o cose simili. Nemmeno una specie di museo a cielo aperto. Dobbiamo trovare una nostra strada per coniugare sviluppo turistico, qualità della vita, giuste forme di microeconomia e rispetto del luogo con le sue caratteristiche urbane e sociali.

 

 

 

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