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Inceneritori di Colleferro: gli impianti sono spenti ma il cromo esavalente è ancora nella falda

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Da più di due anni, nella falda acquifera superficiale che scorre sotto gli inceneritori di Colleferro, è stata rilevata la presenza di una sostanza cancerogena e mutagena per l’uomo: il cromo esavalente.

I primi rilevamenti dell’Arpa e le nuove analisi

E’ stata l’Arpa Lazio, nel gennaio del 2016 a inviare alla Regione gli esiti dei campionamenti dell’acqua di falda dei due impianti. I risultati hanno rilevato una presenza di cromo esavalente cinque volte superiore ai limiti di legge. Un ritrovamento preoccupante che ha fatto scattare una serie di provvedimenti: l’Arpa ha infatti ordinato a Lazio Ambiente – società che gestisce i due impianti –  di effettuare mensilmente dei campionamenti sulle falde acquifere e di comunicare i risultati ai vari enti.

In tutti i rilevamenti successivi i livelli di cromo esavalente rimangono elevati e sopra i limiti di legge.

A maggio dello stesso anno, dopo la prima conferenza dei servizi tra Arpa, azienda, Comune di Colleferro, Regione e Ministero dell’ambiente, scatta il piano di messa in sicurezza dell’area con nuovi campionamenti delle acque attraverso l’installazione di nuovi piezometri, ossia piccoli pozzi di osservazione che permettono di analizzare lo stato e la qualità delle falde acquifere. In questi quindici nuovi piezometri la situazione non migliora: i campionamenti infatti hanno rilevato concentrazioni di diversi metalli pesanti come mercurio, arsenico e ferro, tutti sopra i limiti di legge e inoltre, in uno dei nuovi pozzetti, il cromo esavalente è diciotto volte superiore ai limiti di soglia.

Nel 2017, secondo Lazio Ambiente i livelli della sostanza cancerogena sono scesi ma tutte le analisi effettuate dall’azienda non sono mai state certificate dall’Arpa che, per legge, deve validare almeno il dieci per cento dei campionamenti. Dal canto loro, i tecnici dell’azienda hanno dichiarato di aver avvertito più volte l’Arpa per il controllo dei campioni senza però ottenere alcuna risposta.

Questo fermo procedurale è stato l’oggetto dell’ultima conferenza dei servizi sulla questione cromo esavalente, avvenuta il 23 gennaio scorso, al Ministero dell’ambiente. Un incontro che ha visto l’assenza proprio del controllore, L’Arpa Lazio. Prendendo atto di questa situazione, i responsabili della sezione bonifiche e risanamento del dicastero dell’ambiente, non hanno potuto far altro che sollecitare la validazione dei campionamenti da parte dell’Arpa e di osservare come le analisi interne, effettuate fino ad ‘ora dall’azienda, siano da considerare soltanto come indagine preliminare. Questa mancanza ha sostanzialmente causato uno stallo nei lavori di bonifica e di individuazione della fonte di inquinamento.

La fonte della contaminazione 

I tecnici e i dirigenti di Lazio Ambiente non hanno ancora fornito una risposta chiara riguardo la sorgente di contaminazione ma hanno soltanto ipotizzato la possibile fonte che, secondo loro, è da ricercare nell’attività degli impianti, nello specifico all’interno delle scorie di combustione. Da quasi due anni però, non c’è traccia di nessun tipo di residuo di combustione perché gli impianti sono fermi dalla fine del 2016. Nessuna scoria dunque, nessun rifiuto, ciò nonostante, a ciminiere spente, la presenza di cromo esavalente nelle falde acquifere persiste per tutto il 2017.

Una galleria contaminata

Sotto gli impianti c’è una galleria – realizzata dalla Snia Bpd – che collega l’area industriale Se.co. sv.im, la società controllata dall’AVIO, all’area conosciuta come Arpa 1, una delle zone epicentro della contaminazione ambientale della Valle del Sacco, sottoposta a bonifica da parte del Ministero dell’ambiente perché avvelenata da derivati del Lindano, per mano di aziende chimiche, come la Caffaro che hanno interrato fusti tossici contenenti scarti di lavorazione industriale. Dalle analisi dell’acqua percolante, anche all’ interno di questo corridoio sotterraneo si registra un’alta concentrazione di cromo esavalente. Questa galleria dimostra quanto sia complicata la zona del sito industriale degli inceneritori. Una geografia difficile che necessita di continue indagini e probabilmente di un’ipotesi diversa se si vuole trovare l’origine dell’inquinamento da cromo esavalente.

La denuncia del Sindaco

Il 21 giugno del 2016, il Sindaco di Colleferro Pierluigi Sanna, dopo aver ricevuto le analisi dei primi campionamenti ha sporto denuncia alla procura di Velletri per inquinamento delle falde acquifere. A giorni, – stando a quanto dichiarato dal primo cittadino, durante l’ultimo incontro pubblico del movimento RifiutiamoLi ­– uscirà un altro esposto, molto corposo, che chiederà l’azione delle autorità competenti. Inoltre, l’assessorato all’ambiente del Comune ha chiesto al ministero dell’Ambiente di predisporre un’indagine più approfondita con ulteriori analisi per individuare possibili fonti di contaminazioni diverse dagli inceneritori.

Il movimento Rifiutiamoli: “Il cromo esavalente è un motivo in più per smantellarli”

Il movimento Rifiutiamoli, in presidio permanente contro gli inceneritori da quasi cento giorni, ha denunciato pubblicamente la vicenda del cromo esavalente e ha contribuito a divulgare i dati relativi alla contaminazione. Per la popolazione e per gli ambientalisti, la presenza di un cancerogeno nella falda acquifera rappresenta un motivo in più per decretare lo smantellamento di due ciminiere percepite soltanto come fonte di reati ambientali, perdita economica e aumento di ricoveri ospedalieri.

A distanza di più di due anni dal primo rilevamento, questa contaminazione non ha ancora un responsabile e il cromo esavalente resta lì sotto, in attesa che la verità venga a galla.

 

 

 

 

 

 

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