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Retorica, le fallacie logiche commesse dai politici nei loro discorsi: così ci manipolano

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I politici tentano di influenzare l’opinione pubblica e gli astanti dei loro discorsi con astute mosse di retorica e argomentazione. Tuttavia, basterebbe conoscere la lista di cui sono composte le fallacie logiche per sbugiardarli e non rimanere incantati dalle loro belle (e talvolta inutili) parole.

Un’argomentazione è basata su leggi non scritte. Sarà considerata buona soltanto se avrà rispettato tutte le norme implicite della buona conversazione. Il termine tecnico per definire gli errori di ragionamento è quello di fallacia. La parola deriva dal latino fallere: ingannare. L’analisi delle fallacie logiche nel dibattito pubblico permette di smascherare le argomentazioni che possono risultare efficaci dal punto di vista emotivo, ma carenti da quello logico-fattuale.

La tesi sostenuta dal comunicatore, anche se sbagliata dal punto di vista logico, può passare facilmente se il destinatario è impreparato, poco informato o distratto. Questo perché nasconde al proprio interno fallacie che emergono solo a un’analisi approfondita. Riuscire a riconoscerle aiuta a evitare che un ragionamento scarsamente corroborato dai fatti passi inosservato. Si tratta di un esercizio utile per ogni cittadino desideroso di partecipare al dibattito pubblico.

Il rispetto delle regole permette di raggiungere un accordo dialettico razionale tra i protagonisti dell’azione comunicativa. Le fallacie sono dunque degli errori nascosti nel ragionamento. Comportano la violazione delle regole di un confronto argomentativo corretto. I ragionamenti fallaci soltanto in apparenza sembrano rigorosi e logici, ma in realtà non lo sono.

Spesso e volentieri argomentazioni di tale tipo sono messe in piedi per ingannare o persuadere l’interlocutore. Una fallacia è dunque un tipo di argomento creato in modo scorretto. In logica, si è soliti riservare il termine fallacia a quegli argomenti che sono psicologicamente persuasivi.

Una sintetica classificazione delle fallacie

–    Fallacie di presupposizione: la premessa è in realtà la conclusione. È creata per portare a una interpretazione univoca. Fanno parte di  questa categoria le seguenti fallacie:

•    Petitio principi: argomento valido dal punto di vista logico ma non da quello dell’argomentazione. Assume come premessa ciò che deve essere provato;

•    Domande complesse: domande nocive. Fare una domanda trappola che dà per scontato qualcosa di indimostrabile. Lo scopo è quello di cogliere impreparato l’interlocutore;

•    Ignoratio elenchi: semplificare il discorso dell’interlocutore in modo da farlo passare per confutato senza aver opposto la minima argomentazione per contrastarlo;

•    Fallacia non causa pro causa: si attribuisce a un evento una causa senza tuttavia dimostrare con i fatti la veridicità delle proprie affermazioni. Lo scopo è quello di giustificare un comportamento che altrimenti non avrebbe avuto motivazione;

•    Fantoccio: si costruisce un avversario immaginario e si ricostruisce in maniera differente l’elaborato dell’interlocutore per farlo passare come superficiale. Si denigra la tesi avversa senza affrontarla.

Esistono poi una serie di fallacie che fanno appello alle emozioni e ai sentimenti:

•    Ad baculum: imporre una tesi minacciando di far pressione all’interlocutore;

•    Ad metum: evocare un evento terrificante per far accettare la propria argomentazione o influenzare quella dell’interlocutore in modo da orientare il suo comportamento nella direzione auspicata;

•    Ad misericordiam: fare appello alla compassione e alla pietà;

•    Ad popolum: fare leva sui sentimenti popolari o sulle opinioni che godono della maggioranza anziché su argomentazioni razionali. Lo scopo è quello di ottenere il pubblico consenso. Inoltre, passa per buona l’idea che dal momento che la maggioranza ha espresso un’opinione, è valida a prescindere in quanto tale.

Esistono molte altre fallacie logiche, ma quelle più diffuse riguardano l’attacco all’interlocutore e non una discussione razionale sull’argomento di cui si discute. Queste e le strategie legate all’evocazione dei sentimenti sono le fallacie retoriche più utilizzate dai politici. Osserviamo le più frequenti.

•    Ad verecundiam: si cerca di persuadere l’interlocutore che chi non sostiene la propria tesi è da ritenersi ridicolo e perderà di considerazione sociale. Si scredita il sostenitore della tesi avversa giudicandolo non credibile a prescindere;

•    Ad hominem: è un ragionamento in cui si attacca la persona che sostiene una determinata tesi mettendo in dubbio la sua credibilità o la sua coerenza. Si attacca la persona attraverso le sue caratteristiche personali (moralità, razza, religione), che non hanno alcun nesso con la tesi in questione. Talvolta si usa anche per invertire l’onere della prova;

•    Autorità: si basa sull’assunto che un qualsiasi argomento esposto da una persona esperta debba ritenersi attendibile e per questo accettato e imposto;

•    Diversione spiritosa: battuta di spirito che introduce elementi irrilevanti ai fini dell’argomentazione e serve soltanto a spostare l’attenzione dal tema principale.

Per maggiori informazioni, potete consultare Wikipedia.

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