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Una ricerca del Museo delle Civiltà: la malaria nell’Impero Romano

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L’analisi del DNA antico ha confermato in modo inequivocabile, per la prima volta nella storia degli studi, la presenza della malaria in Italia centro-meridionale durante l’Impero Romano, come pubblicato sulla prestigiosa rivista Current Biology.

I ricercatori del’università Mc Master di Hamilton (Canada) hanno collaborato con quelli del Museo delle Civiltà di Roma ottenendo questo importantissimo risultato che ha permesso di identificare l’origine delle terribili febbri che affiggevano le popolazioni dell’epoca, come descritto dagli autori greco-romani.

La risposta, dopo quasi 2000 anni, è nella scoperta del DNA mitocondriale del parassita Plasmodium falciparum nei denti di due individui da due necropoli romane, Velia (I-II secolo d.C., Campania) e Vagnari (I-III secolo d.C., Puglia).

Stephanie Marciniak, Hendrik Poinar e Tracy Prowse dall’Università McMaster, al fianco di Luca Bondioli del Museo delle Civiltà di Roma, Sezione di Bioarcheologia del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, dove sono custoditi i reperti delle necropoli di Isola Sacra (I-III secolo d.C.) e Velia, e Edward Holmes dell’Università di Sydney, hanno recuperato più della metà del genoma mitocondriale del parassita da due individui di Velia e Vagnari.

Il Plasmodium falciparum rimane il parassita più diffuso per la malaria in Africa sub-sahariana e il più mortale ovunque, responsabile a livello globale del maggior numero di morti di malaria (più di 450.000 ogni anno).

“La scoperta è eccezionale“, commenta Luca Bondioli, “poiché fa finalmente luce su uno per problemi più discussi nella nostra ricerca dello stato di salute dei romani e delle loro condizioni di vita. Questo risultato premia anni di lavoro su questi importantissimi reperti, portato avanti presso il Museo delle Civiltà con tecniche di base ma anche mediante metodologie avanzatissime quale l’istologia virtuale in luce di sincrotrone, per valutare l’impatto individuale delle malattie, come le malaria, sui singoli individui. Questo successo premia uno sforzo di collaborazione a livello internazionale tra ricercatori, Università, Soprintendenze e Musei, sottolineando sempre di più l’importanza della ricerca nella corretta gestione del Patrimonio Culturale Italiano“.

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