Cronaca

Arrestato a Sora un 43enne per maltrattamenti in famiglia e violenza di genere

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Arrestato a Sora per maltrattamenti in famiglie e violenza di genere un 43enne, padre e marito. La denuncia è partita dai familiari

La violenza di genere, la violenza sulle donne, in questi giorni oggetto di mille discussioni e altrettante riflessioni appare un fenomeno difficilmente arginabile. Eppure, tante sono le iniziative messe in campo da Enti, Associazioni, Uffici ed Organi dello Stato. Anche qui si auspica una tregua, lunga, e magari chissà, la pace. Invece è continuo lo stillicidio di situazioni e atti efferati che giornalmente ci racconta la cronaca nazionale. Nell’analizzare il lavoro svolto dai Comandi Stazione della Compagnia Carabinieri di Sora, la situazione appare seria, costantemente seria.

Gli interventi effettuati per richieste ricevute attraverso il NUE 112 per litigi, nella maggior parte nelle mura domestiche, superano i 300 nel corso dell’anno e numerosi sono i casi in cui è dovuto intervenire anche il personale sanitario del 118. A questi vanno sommate le numerose denunce ricevute e che non sono direttamente connesse ai primi interventi, molte volte, passano attraverso i servizi sociali comunali, le strutture socio-assistenziali, i centri violenza, le associazioni per la tutela delle donne vittime di violenza.

Il caso in trattazione  è stato intercettato direttamente dai Carabinieri di Sora, a seguito di una richiesta di intervento al Nue 112. All’arrivo dei militari presso l’abitazione, in centro abitato nel circondario di Sora (lo si omette per tutelare le vittime), hanno trovato un marito, 43enne,  in stato di ebrezza alcoolica, una moglie, 42enne, ed un figlio, 19enne, maltrattati, quella stessa sera vittime dell’aggressione dell’uomo, un’aggressione ed una violenza alla quale hanno tentato di ribellarsi ricorrendo prima all’intervento dei familiari e poi, proprio per ferma volontà di questi, alle forze dell’ordine.

L’uomo, prelevato e portato presso la Caserma del Comando Compagnia Carabinieri di Via Barea, ha continuato nel suo atteggiamento violento, tanto che più volte i militari hanno dovuto gestirne il comportamento per evitare di essere aggrediti a loro volta. È stato arrestato perché il quadro emerso dalle dichiarazioni assunte delineava condotte plurime nel tempo di atti maltrattanti, ancorché la vittima, le vittime, hanno fatto molta fatica a raccontare tutti gli episodi, probabilmente non li hanno raccontati tutti.

Le indagini e gli accertamenti della Procura della Repubblica di Cassino, che le dirige, sono tutt’ora in corso per verificare ogni possibile aspetto della vicenda. Si attende la convalida dell’arresto e le eventuali misure cautelari che verranno disposte.

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Intanto emerge ancora una volta come si faccia fatica a colmare la distanza tra vittime e giustizia, lo  evidenzia il fatto che siano stati i familiari a segnalare l’accaduto, sebbene non può essere ignorata l’idea che la persona maltrattante non solo va arginata ma va “riconosciuta”. Egli stesso, se prende coscienza di quanto sia aberrante l’azione che compie potrebbe avere la possibilità di cambiare atteggiamento, di salvarsi. Di certo, per la vittima, il riconoscerlo può salvarla.

Il lavoro della Procura della Repubblica e dei Carabinieri sul fronte è incessante, in stretta collaborazione con le associazioni e gli enti del territorio, tra cui il consorzio AIPES di Sora che era già pronto a collocare la donna ed il ragazzo in apposita struttura  qualora non si fossero presi provvedimenti nei confronti dell’uomo.

Altissima rimane l’allerta e continui sono gli incontri con le associazioni e le scuole per condividere gli obiettivi anche attraverso l’elencazione di una serie di comportamenti che devono essere considerati, a prescindere da ogni valutazione. Questi sono compendiati in un Test di Autovalutazione, elaborato dal Reparto Analisi Criminologiche del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche, che serve a scuotere le coscienze ed a rilevare i segnali del livello di violenza subita, o perché no, procurata.


Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.

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Se sei vittima di violenza domestica o di genere rivolgiti alle Forze dell’Ordine o chiama il 1522

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