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L’importanza della manifestazione del 25 novembre: forse c’è ancora speranza (galleria foto e video)

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Perchè la manifestazione del 25 novembre è stata così importante

La manifestazione del 25 novembre contro la violenza sulle donne è stata un’esplosione di partecipazione. Stimate circa 500mila persone, le strade di Roma si sono tinte di rosa e rosso e nell’aria gelida, scaldava il grido feroce che reclamava giustizia per Giulia Cecchettin e per tutte le altre donne vittime di femminicidio.

Donne e uomini di tutte le età si sono uniti al corteo di Non Una di Meno per entrare a far parte della storia. Perché la manifestazione di sabato non è stata una semplice manifestazione, ma una vera rivoluzione. Tutti uniti in una collettività che condivideva la stessa voglia di cambiare questa cultura del possesso che opprime le donne e le marginalizza in ruoli che altri hanno deciso per loro. La voglia di rivendicazione dei diritti e della libertà vibrava nell’aria, raggiungendo i cuori di tutti e tutte. Una presenza e una partecipazione che segna la presa di consapevolezza dell’importanza di “esserci”, non solo per Giulia Cecchettin ma per tutte le donne.

Rumore di chiavi in aria, tamburi, grida che si sono trasformati in una musica che ha unito tutte le generazioni nel dolore e nella rabbia, ma anche nella voglia di ribellarsi e cambiare qualcosa.

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“Bruciate tutto” era lo slogan carico di significato che ha scatenato una nuova consapevolezza collettiva, una nuova carica sovversiva che fa paura a chi invece tenta di limitarla. Si sono susseguite in questi giorni infatti polemiche su polemiche, dalle televisioni ai giornali ai social, da parte di chi preferisce negare l’evidenza di un problema sistemico come quello della violenza di genere e fa di tutto politica di basso livello, che devia l’attenzione dalla profondità del problema e dalle responsabilità di una società malata.

 

Ma per chi quelle piazze e quelle strade le ha vissute sa bene che il femminismo è una lotta che riguarda tutti, una lotta intersezionale che si batte al fianco di tutte le categorie marginalizzate e oppresse. E tutte quelle persone sanno bene anche che la condizione femminile non si può risolvere con l’impegno di una, ma con il coinvolgimento di tutte e tutti nel ribaltamento di meccanismi antichi e discriminatori che è arrivato il momento di superare. Perché se bisogna bruciare tutto, bisogna farlo fino all’origine dell’ingiustizia che ci circonda.

Per la prima volta siamo stati testimoni di un’Italia viva, partecipe e attiva. Un’Italia che sta cominciando a fare i conti con il proprio passato e a rendersi conto che non può esserci progresso senza libertà, soprattutto senza la libertà delle donne di poter scegliere per sé stesse e non tra categorie standard che qualcuno ha definito per loro. Un’Italia che inizia a vedere l’ingiustizia di una vita sottratta, ad empatizzare con la vittima e che non vuole più provare a giustificare il carnefice. Un’Italia che ha capito che l’amore è un’altra cosa e che il rispetto e la fiducia si guadagnano e non si danno mai per scontate. Un’Italia che mette in dubbio un sistema di potere spesso sbagliato per toni e posizioni, che non si apre al dialogo e che punta il dito contro i più deboli.

La manifestazione del 25 novembre è stata la dimostrazione che in questo paese c’è ancora speranza, che non siamo più sole e che se facciamo rumore tutte insieme, siamo marea che travolge e conquista.


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