Cronaca

Colleferro, dopo cinque anni di maltrattamenti decide di denunciare il compagno violento

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Dopo cinque anni di maltrattamenti denuncia il compagno violento

I Carabinieri della Stazione di Colleferro hanno dato esecuzione ad una ordinanza che dispone la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alle persone offese, emessa dal Tribunale di Velletri su richiesta della locale Procura della Repubblica, a carico di un uomo, fortemente indiziato del reato di maltrattamenti in famiglia.

Il primo fatto risale a metà ottobre scorso a seguito dell’intervento effettuato dai Carabinieri della Compagnia di Colleferro su segnalazione di una vicina di casa della vittima che aveva segnalato al numero di emergenza 112 una violenta aggressione subita da una donna ad opera del compagno convivente, entrambi domiciliati a Colleferro.

Le indagini effettuate dai Carabinieri hanno permesso di attivare il Codice Rosso e di permettere alla donna di trovare il coraggio di denunciare le aggressioni subite in casa da circa cinque anni.

La donna ha denunciato condotte di maltrattanti ed umiliazioni da parte del compagno convivente che spesso la aggrediva anche fisicamente procurandole lesioni per le quali però non ha mai richiesto l’intervento delle forze dell’ordine senza  nemmeno recarsi presso strutture mediche.

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Considerata la gravità e la concordanza degli elementi di prova raccolti dai Carabinieri nel corso delle indagini, è scattato nei confronti dell’uomo l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento alla persona offesa, rispettando la distanza di 300 metri, oltre al divieto di comunicazione attraverso qualsiasi mezzo con la vittima.

In tale contesto resta di fondamentale importanza la denuncia da parte delle vittime che subiscono tali reati o delle persone che sono più vicine a queste ultime, così da consentire all’Autorità Giudiziaria di intervenire rapidamente a loro tutela.


Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.

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