Cronaca

Da colleferro a Roma per stalkerare l’ex compagna: suona il clacson sotto casa sua e la tempesta di telefonate anonime in piena notte

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Nella tarda serata del 12 settembre, una pattuglia del reparto volanti della questura di Roma che transitava in via Casilina, è stata fermata da un uomo. Quest’ultimo gli ha indicato un’autovettura poco distante, e riferito che il conducente era l’ex compagno della sorella, e che da due mesi la assillava con atti persecutori.

Da colleferro a Roma per stalkerare l’ex compagna

Gli agenti hanno raggiunto l’auto e identificato nel conducente un giovane colleferrino, su cui pendeva una misura di sicurezza proprio volta a tutelare la donna. L’uomo non ha saputo fornire una valida motivazione sul perché si trovasse lì.

Gli agenti, unitamente ai colleghi del commissariato Tuscolano, hanno  ricostruito mesi di incubi, ansie, paure e violenze psicologiche e fisiche subite dalla stessa. In più occasioni, la donna si è rivolta alla polizia per procedere a denunciare l’uomo, ormai divenuto un vero e proprio stalker, nonché a chiamare con cadenza pressoché quotidiana il 112 NUE a causa delle visite sgradite dell’ex compagno, sia presso il suo domicilio che sul posto di lavoro.

L’ossessione del giovane nei confronti della donna si confermava nella serata in questione ove, senza alcun motivo, si presentava sotto l’abitazione della stessa iniziando a molestarla, suonando il clacson – nonostante la tarda ora – e assillandola di chiamate all’utenza mobile, con il numero anonimo, tanto da costringere la donna a chiedere l’ennesimo aiuto al fratello e al 112 NUE.

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Il familiare, anche lui vittima in precedenza di gesti vendicativi da parte dell’uomo, “colpevole” di difendere la propria sorella, ha raggiunto in pochi minuti l’abitazione della sorella dove incrociava l’ex genero all’interno della propria autovettura il quale, vistosi scoperto, è fuggito in direzione di viale Palmiro Togliatti, seguito dall’uomo, fin dove intercettava la pattuglia. Il giovane, a seguito di quanto emerso, è stato tratto in arresto per questi atti persecutori e tradotto in carcere.

Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.

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