Cronaca

Frosinone, ordinanza di custodia cautelare in carcere per un 23enne: ecco perché

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Nel pomeriggio di ieri, la Polizia di Stato di Frosinone ha dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Frosinone, nei confronti di un uomo di 23 anni, un pregiudicato residente nel capoluogo, che è imputato in un processo per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

L’intervento della Polizia di Stato

Il soggetto si trovava in regime di arresti domiciliari dal mese di maggio, e veniva regolarmente sottoposto dal personale della Squadra Volante ai previsti controlli, per verificarne la presenza in casa. Più volte però gli agenti hanno constatato l’assenza dell’arrestato presso l’abitazione, segnalando i fatti all’A.G., essendosi di fatto reso responsabile del reato di evasione.

Alla luce delle reiterate violazioni commesse dal giovane, il Giudice del Tribunale di Frosinone ha inteso aggravare la misura cautelare in capo al ragazzo, emettendo per lui l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, essendo chiaro che la precedente misura non era adeguata alla personalità criminale del soggetto, che non mancava di violare in continuazione le prescrizioni imposte dal Tribunale, in totale spregio della legge.

Per dare esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere il personale dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico metteva in atto un servizio dedicato, volto ad impedire ogni possibilità di fuga all’arrestato. L’uomo, infatti, risiede nell‘agglomerato urbano di Viale Spagna, zona nota per essere luogo frequentato da spacciatori e consumatori di droga, già più volte obiettivo di mirati servizi di controllo straordinario del territorio  volti alla prevenzione e repressione di ogni forma di criminalità, con particolare attenzione allo spaccio di sostanze stupefacenti.

L’arrestato è stato poi condotto presso la Casa Circondariale di Frosinone.


Per dovere di cronaca, e a tutela di eventuali indagati in caso di indagini, ci teniamo a ricordare che quanto detto non equivale a una condanna. Le prove si formano in Tribunale e l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio. Resta dunque valida la presunzione di non colpevolezza degli indiziati.

Foto di repertorio