Cronaca

Carceri colabrodo: entrano armi, droga e telefonini. Il Co.G.I. scrive al ministro Cartabia

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suicidio in carcere detenuto si impicca a Regina Coeli

“Il sistema carcerario italiano è malato. Le case circondariali sono diventate un colabrodo, con le armi che letteralmente ‘piovono dal cielo’. Sull’utilizzo dei droni sono passati cinque anni di allarmi ignorati, e nel frattempo in cella arrivano droga, cellulari e pistole, come è successo a Frosinone. Decine di voli di droni ronzanti ogni settimana, di notte, che recapitano alle mani protese dalle finestre coltelli, microtelefonini, eroina….. e chissà cos’altro. Persino una semiautomatica calibro 7.65”. Lo sottolinea Maricetta Tirrito, portavoce del Comitato Collaboratori di Giustizia (Co.G.I.) dopo gli ultimi episodi avvenuti nel carcere di Frosinone. Ma il problema è più vasto: San Vittore a Milano, poi Palermo, ma anche Trapani, Poggio Reale; e ancora Agrigento, Cagliari, Bari…

Non c’è solo il sovraffollamento a definire le piaghe di un sistema che ormai fa acqua da tutte le parti, c’è l’incapacità di controllo, dentro e fuori le mura. Lo scorso settembre il detenuto Alessio Peluso detto “o’niro”, 28 anni, ritenuto essere l’esattore del clan Lo Russo, ha afferrato una pistola attraverso una rete di protezione sgangherata. Prima l’ha puntata contro un poliziotto per farsi consegnare le chiavi di due celle che non è riuscito ad aprire.

Poi, attraverso la feritoia, ha sparato all’interno contro tre uomini (un albanese e due campani, tra cui Gennaro Esposito, figura emergente del traffico di droga sulla piazza di Roma e vicino a “Diabolik” Fabrizio Piscitelli) che lo avevano picchiato qualche giorno prima. Infine, come se tutto fosse normale, ha estratto dalla tasca un cellulare per auto denunciarsi e consigliarsi con il proprio avvocato. Una tragicommedia senza fine.

La mancanza di strategia nella gestione delle case circondariali – prosegue Tirrito – è evidente. Altro che ‘massima sicurezza’, nelle celle dei detenuti ormai arriva di tutto, e il rischio che accadano tragedie è dietro l’angolo.

Per questo abbiamo sentito l’esigenza di scrivere una lettera aperta alla ministra Cartabia. Con dure critiche, ma anche con soluzioni immediate, applicabili e a basso costo. Lettera che speriamo non rimanga inascoltata.

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