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Roma, Codacons dopo l’assoluzione di Ignazio Marino: “Ora verificare responsabilità dei Consiglieri”

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Dopo l’assoluzione totale di Ignazio Marino decisa dal Tribunale, i soggetti che hanno determinato la caduta dell’ex sindaco e il conseguente stato di caos amministrativo per la capitale, dovranno risponderne dinanzi la giustizia.

Lo afferma il Codacons, che presenta un esposto alla Procura della Repubblica di Roma chiedendo di fare chiarezza sulla nota vicenda dei 26 consiglieri comunali dimessisi in blocco formalizzando le dimissioni dinanzi un notaio.

Questo quanto scrive l’associazione nell’esposto con cui chiede alla magistratura di aprire una apposita indagine:

al di là di quelle che possano apparentemente sembrare scelte di natura esclusivamente politica, non può non sollevare più di un dubbio in merito alla correttezza e legittimità e trasparenza delle modalità ed alla tempistica con cui si è pervenuti alla decadenza del sindaco Ignazio Marino, di tutta la giunta e del Consiglio, modalità che, qualora se ne riscontrasse l’illegittimità e una rilevanza penale, oltre a poter rappresentare un chiaro attacco alla democraticità – di fatto si è impedito ad Ignazio Marino e alle forze politiche di fare un dibattito trasparente con una lesione a tutta la cittadinanza romana che ha votato e legittimamente eletto il suo sindaco – ben potrebbero configurare, oltre ad una evidente violazione degli articoli 52 e 53 del Decreto Legislativo 18 Agosto 2000, N. 267 (Testo Unico Delle Leggi Sull’ordinamento Degli Enti Locali) e del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 419 (Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali).

Qualora quanto evidenziato da tutti i media, stampa e siti web, corrispondesse alla realtà, ovvero che possa essersi trattato di un vero e proprio accordo trasversale, quello cui il Partito Democratico avrebbe fatto ricorso per far cadere il sindaco di Roma con i 19 membri del Pd, ben potrebbero configurarsi le fattispecie di cui all’art. 610 c.p. ovvero il reato di violenza privata e di cui all’art. 338 c.p. violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario”.

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