Attualità

Bocelli e la shit storm a cui è andato incontro: le sue parole hanno svelato (ancora una volta) le ipocrisie delle persone

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In Italia è edito da quasi un anno un saggio intitolato Bianco, di Bret Easton Ellis, che ha come intenzione quella di svelare le ipocrisie della società, dei media e dei social network. Tuttavia, le tematiche di uno dei più celebri autori contemporanei riguardano prettamente gli Stati Uniti. Il libro risulta godibile anche da chi poco conosce le vicende degli USA, ma se proprio si volesse qualcosa di più “italiano”, allora un’opera che è in un certo senso diretta discendente viene proprio dal traduttore italiano dello scrittore: Giuseppe Culicchia. Come Ellis, anche lo scrittore torinese prende le distanze dal pensiero unico e dalle ipocrisie “progressiste” nel libro E finsero Felici e contenti. Tale premessa è necessaria in primis per affrontare un discorso che pochi in Italia hanno il coraggio di intraprendere e poi, per tornare nell’attualità, con la “questione Bocelli”.

No, non è intenzione di chi scrive commentare le parole di Bocelli. Ognuno si è fatto la propria opinione e anche la mia non può certo dirsi positiva. Ma le riflessioni riguardano ancora una volta la ricerca del consenso e la presa di posizione che spesso non si prende per evitare di andare incontro al pensiero unico dominante. Mi spiego meglio.

Andrea Bocelli è un artista affermato e allora chi glielo fa fare di andare a prendere una posizione così drastica e netta da fargli perdere consensi e forse anche soldi in futuro? Ecco, la risposta sta proprio nella domanda: il fatto che le persone mischino l’artista con l’essere umano. Non stiamo parlando di un politico, le cui parole influiscono sulla considerazione dell’uomo (o della donna, onde evitare discriminazioni dai buonisti) poiché potrebbe avere o meno il mio o il tuo voto. Stiamo parlando di un cantante che avrebbe tranquillamente potuto farsi gli affari propri, ma ha scelto di esprimere un’opinione (e non ci interessa il contenuto dell’opinione in questa sede).

Tale opinione, sono sicuro, lo penalizzerà. Immagino che in futuro la sua presenza possa essere meno gradita negli spettacoli pubblici e quindi potrebbe avere ripercussioni economiche, oltre quelle d’immagine. Il problema (non solo italiano) è che per essere considerati “In” bisogna essere sempre buonisti e avere sempre cura delle minoranze. Nelle varie pubblicità dei principali brand abbondano immagini di coppie omosessuali, di persone di colore e quant’altro. Ma la ricerca dell’inclusività a tutti i costi non è altro che ipocrisia. Una impresa ha dei valori che spesso rispecchiano quelli della società in nome di una sola cosa: i soldi. Le coppie omosessuali e le persone di colore sono infatti consumatori, come tutti. Ci si indigna perché un noto sito di politica e gossip pubblica le foto in costume di una ministra, ma non si fa nemmeno caso se pubblica quelle di un ministro.

E questo denota che spesso a indignarsi è proprio il popolo dei buonisti, di quelli che vorrebbero tutelare le minoranze quasi omettendone le differenze (peculiarità che rendono di fatto unici), portando a un’omologazione che è ben peggio del politicamente scorretto. In questo contesto mediatico ogni parola va ponderata, a meno di non essere tagliati fuori ed essere considerati sgraditi da chi organizza gli eventi, perché non ha voglia che il pubblico identifichi la propria immagine correlata a quella di qualcuno che magari non ha un’opinione che sia considerata “cool”. E spesso poi gli artisti sono costretti a fare dietro front proprio per evitare di essere estromessi dai media e dagli eventi pubblici. E gli esempi continuano a oltranza, tra chi vuole cambiare il passato censurando parole dei film (che altro non sono che una testimonianza dei codici culturali delle varie epoche) a chi vuole buttare giù monumenti eretti dalle dittature (facendo sì che le nuove generazioni pensino che la storia non sia fatta anche di conflitti e di lotte che hanno portato ad avere le libertà di cui adesso godono, acuendo la possibilità che si riformino quei periodi storici).

Perché non importa se sei il più grande artista del mondo, le persone non riescono a scindere l’uomo dalle sue composizioni e se l’idea di una persona famosa non coincide con la nostra, allora bisogna metterla ai margini della società. Woody Allen, uno dei più apprezzati artisti (artisti, non uomini) di questa epoca ha recentemente scritto una biografia, ma in molti editori hanno preferito non pubblicarla a causa delle sue vicende personali, da più di qualcuno giudicate come controverse. Questo comportamento viene spesso adottato da chi si professa pubblicamente tollerante, ma di fatto finisce per trasformarsi, a causa dei modi, in ciò che da sempre rinnega pubblicamente.

Ebbene, non sono d’accordo con le parole di Bocelli, ma trovo che la sua unica colpa sia stata quella di essere un personaggio in vista e di aver deciso di esprimere un’opinione, forse anche in virtù della sua notorietà. Sicuramente, chi è stato colpito in prima persona dalla pandemia non avrà certamente preso bene le sue frasi, ma non credo che volesse mancare di rispetto a qualcuno, se non rendersi portavoce di una critica nei confronti di chi ha preso delle decisioni per la limitazione delle libertà personali.

Questo ha portato a una tempesta mediatica e social nei suoi confronti, con insulti indirizzati alla sua natura e ai suoi averi. Insomma, ancora una volta non si parla del fatto in sé, ma si finisce per distogliere l’attenzione sulla persona. Una moda che ormai ha preso piede e che dimostra ancora una volta come la presunta superiorità morale di certe persone e di certi partiti non sia di fatto un modo più sottile di censurare chi ha opinioni divergenti. E se oggi qualcuno provasse a difendere Bocelli sarebbe difatti escluso dal dibattito pubblico o l’opinione che ci si farebbe su di lui sarebbe senz’altro negativa, a prescindere. La conseguenza è che chi ha un pensiero differente da quello unico lo terrà per sé, per evitare di essere criticato ed escluso. Invece, chi aizza il popolo contro Bocelli ha un guadagno di visibilità non indifferente, facendo pensare che poi, talvolta, dietro a un’opinione, un tweet, un post, ci sia molta premeditazione su un eventuale ritorno, in termini economici e di immagine, e non una vera e propria presa di posizione.

La cosa più semplice da fare non potrebbe forse essere quella di basarsi sui fatti? Non sarebbe meglio evitare di gettare fango sulla sua persona, evitare di dire “Non andrò più ai suoi concerti o non comprerò più i suoi dischi” e magari ascoltare cosa ha detto ed esprimere la propria opinione, argomentandola, per controbattere? Magari questo potrebbe portare a uno dei due che cambi (o sposti) la propria opinione, o anche semplicemente a un restare fermi sulle proprie tesi. Di certo, porterebbe a una crescita personale, che forse darebbe slancio anche a una crescita dell’opinione pubblica e di conseguenza della società intera. Ciò permetterebbe a chi esprime un parere magari di argomentarlo meglio e a chi ne fruisce di comprenderne ogni sfumatura.

Sarebbe inoltre opportuno commentare soltanto dopo aver sentito in prima persona le parole e non dopo che sia stata riportata una porzione di testo, magari anche decontestualizzata, affinché si comprenda meglio l’intero discorso.

Anche perché se conoscessimo tutti i lati di un artista, e fossimo totalmente incapaci di scindere l’uomo dal creatore di opere, probabilmente l’industria culturale mondiale cesserebbe di esistere.

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