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Atac, Rettighieri parla di Project Management: “Manca la cultura della programmazione”

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Si è tenuta oggi a Bari una lecture da parte del DG di Atac, Marco Rettighieri nell’ambito del corso di qualificazione “Il Project Management nei progetti di infrastrutture di trasporto”. Il  corso, organizzato da OIBA – Ordine degli ingegneri della Provincia di Bari e da CIFI – Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani con il patrocinio del Politecnico di Bari, di Federmobilità, nonché di Confindustria e ANCE Puglia, ha visto la partecipazione di circa 40 fra ingegneri, professionisti e tecnici del settore.
Rettighieri ha sottolineato l’importanza della qualità dei professionisti coinvolti, fin dalla fase di impostazione del capitolato di gara per finire ai collaudi,  richiamando l’attenzione sia sul valore della modalità dell’offerta economicamente più  vantaggiosa  (rispetto al massimo ribasso,  modalità molto diffusa in Atac) ormai internazionalmente riconosciuta come l’unica modalità utilizzabile per lavori di infrastrutture complesse, sia sulla necessità di un cambio di  cultura delle imprese che devono riconoscere il modello di lavorazione proposto e rinunciare a continue richieste di varianti in corso d’opera.
Riferendosi all’esperienza fatta per EXPO 2015 dove si è dovuto rincorrere i tempi (9 mesi utili per completare un’opera che in tre anni aveva visto realizzare solo il 28% dei lavori ) per la mancata programmazione, Rettighieri ha evidenziato che “anche in Atac manca la cultura della programmazione. In Italia è un difetto diffuso e Atac non fa eccezione. Ma – continua Rettighieri – perché devo intervenire in urgenza sulla manutenzione dei treni quando so che ci sono dei cicli da rispettare? Stiamo intervenendo adesso su lavori che potevano essere fatti a tempo debito, provocando disagi all’utenza, e me ne scuso personalmente, ma serve per arrivare preparati a settembre, alla ripresa delle attività dopo la pausa estiva”.
Altro elemento che a EXPO  ha fatto la differenza è stato il fattore umano: “Anche in Atac conto e bisogna contare sul fattore umano, in particolare sulla qualità, le competenze e l’affidabilità delle maestranze: sono loro che possono far fare all’azienda il salto di qualità che serve”.

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