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Black Mirror: tecnologia e possibili scenari futuri

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Black Mirror: il lato oscuro della tecnologia

Black Mirror: tecnologia e possibili scenari futuri

Rapporti interpersonali, politica, valori, giudizi sociali; e insieme: internet, social network, norme e normalità nella “società 4.0”.

Questo e molto altro è ciò che si propone di precorrere e analizzare la serie televisiva inglese Black Mirror, evocando già nel titolo uno dei temi centrali della produzione: con riferimento allo schermo nero dei dispositivi tecnologici con i quali quotidianamente ci interfacciamo e “specchiamo”, ci mette di fronte possibili scenari futuri in cui l’uomo è “inglobato” nella tecnologia e viceversa.

Ideata e prodotta nel 2011 da Charlie Brooker per la Endemol, la terza stagione di Black Mirror viene trasmessa in Italia da Netflix dal 21 ottobre 2016.

Una serie antologica, in cui ogni storia è indipendente dalle precedenti, composta da un totale di 12 episodi, 3 per ognuna delle prime due stagioni, 6 per la terza, con una quarta in arrivo nel 2017. Black Mirror come una favola moderna dai toni drammatici, cerca di raccontare una morale, o meglio, la perdita della stessa.

Gli episodi, legati dal filo conduttore del rapporto tra l’essere umano e la tecnologia prospettano un futuro inquietante, in cui i social network e la scienza, influenzandosi a vicenda, condizionano le singole esistenze e i rapporti sociali, in una voragine incessante e abilmente costruita di possibili declinazioni distopiche del tema.

La serie mette di fronte alla possibilità che, in un tempo non troppo lontano, l’uomo sarà così assoggettato alla tecnologia da perdere il senno, del tutto schiavo di un sistema che lo vedrà, letteralmente, protagonista inconsapevole di storie virtuali, talmente preso dalla comunicazione istantanea da smarrire il senso del “carpe diem” così come la necessità della privacy, perdendo al contempo la capacità di empatizzare, il senso del pudore e del perdono, la rassegnazione per la morte e l’ideale dell’impossibilità della perfezione.

Dissolvendo l’Io, nostro biglietto da visita e “accozzaglia” di identificazioni immaginarie, tra i vari profili sui social e lasciando la coscienza beatamente dormiente tra le braccia di un desiderio che non si riconosce in niente, l’uomo del futuro (neanche troppo lontano) provoca, nella maggior parte degli spettatori, sentimenti di forte angoscia. Una fotografia del sadismo e del voyeurismo nel quale, purtroppo, già in parte navighiamo, da internauti e non.

A che scopo offrire una visione così tragica del progresso tecnologico, che poi non è altro che un’amplificazione esponenziale del modus vivendi nel quale oggi siamo immersi?

Probabilmente un monito alla riflessione circa il “buon uso” della tecnologia, con la speranza di risvegliare coscienze assopite in un mondo dove il contenitore vale più del contenuto.

Nonostante quella del “buon uso” risulti una categoria del tutto arbitraria, essa non può non risentire delle tendenze, dell’influenza e del giudizio del contesto sociale in cui viene applicata da ogni singolo essere umano. Dunque attenzione tutti, perché se la società ci vuole in un modo, è perché noi l’abbiamo scortata verso quel modo.

Black Mirror riesce, in circa 50 minuti per episodio, a condensare temi cari all’essere umano di oggi, tutto preso in quel che l’analista francese J. Lacan definiva “discorso del capitalista”, il cui il fondamento ideologico e culturale si ritrova nel discorso dello “s-legame”, caratterizzato dall’incremento della frammentazione e della precarietà della condizione esistenziale e sociale. Il “discordo del capitalista” esalta il godimento a scapito di ogni forma di legame, ponendo l’imperativo del consumismo, inteso come consumo di consumo. Consumiamo per il gusto di farlo, non più per necessità di soddisfare bisogni primari, intrappolati come siamo (anche se non del tutto coscientemente) nella matassa del sistema.

Progettiamo, produciamo e consumiamo tecnologia, e da questa rischiamo di essere consumati.

Dunque l’appello alla responsabilizzazione e all’uso coscienzioso di ciò che abbiamo creato, ricordando, come diceva I. Asimov, futurista d’altri tempi, che “Qualsiasi innovazione tecnologica può essere pericolosa: il fuoco lo è stato fin dal principio, e il linguaggio ancor di più; si può dire che entrambi siano ancora pericolosi al giorno d’oggi, ma nessun uomo potrebbe dirsi tale senza il fuoco e senza la parola”.

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