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Il Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza sui reparti trasferiti dall’ospedale di Colleferro

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Di seguito, la nota appena diffusa dal Comitato libero “A difesa dell’ospedale di Colleferro” in merito alla situazione sanitaria locale e nello specifico riguardante la decisione del Consiglio di Stato sui reparti trasferiti dall’ospedale di Colleferro:

MALATI? Tutti a Palestrina, il Comune di Colleferro ha perso

Ieri, 23 settembre 2019,  il Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza sul ricorso proposto quattro anni fa dai Comuni di Colleferro, Gorga, Valmontone, Artena, Serrone, Segni, Montelanico, Paliano e Carpineto Romano.

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Costituiti in giudizio ad adiuvandum il Comitato residenti Colleferro, Associazione Consulta le Donne, con l’adesione di questo Comitato, che hanno depositato l’atto di intervento a sostegno delle ragioni dei Comuni appellanti.

L’impugnazione al Collegio ha riguardato la sentenza del 2017, con la quale il TAR per il Lazio aveva respinto il ricorso proposto contro il Commissario ad Acta e Presidente della Regione Lazio (ancora irrisolta la questione della incompatibilità tra i due incarichi), la Asl Roma 5, il Ministero della Salute e il Comune di Palestrina, sull’accorpamento delle attività di ostetricia/ginecologia e di pediatria/neonatologia dell’Ospedale di Colleferro con quello di Palestrina.

Nel ricorso veniva lamentato che i servizi offerti dall’ospedale di Palestrina risultavano limitati rispetto a quelli offerti dall’ospedale di Colleferro e che i pazienti avevano dovuto rinunciare a: una UOC di anestesia e rianimazione con 6 posti letto (inaugurata nel maggio 2015); un servizio di terapia intensiva cardiologica funzionante h24, mentre nell’ospedale di Palestrina la presenza del cardiologo era assicurata soltanto fino alle ore 14.00;  un servizio di navetta funzionante h24, a differenza del medesimo servizio reso dall’ospedale di Palestrina fino alle ore 16.00; l’espletamento di consulenze pediatriche presso il Pronto Soccorso, con reparti specialistici di Otorinolaringoiatria, Urologia e Nefrologia-Dialisi, ora assenti nell’ospedale di Palestrina; un Pronto Soccorso con 10 posti letto; n. 4 sale operatorie di cui una attiva h24, laddove nell’ospedale di Palestrina vi era un’unica sala operatoria funzionante nelle ore diurne e in quelle notturne con la sola reperibilità del personale infermieristico e dei medici specialistici, così come dell’anestesista e del cardiologo; il funzionamento del laboratorio analisi h24, a differenza del laboratorio analisi dell’ospedale di Palestrina funzionante fino alle ore 14.

La ASL e la Regione hanno sostenuto di aver garantito un livello adeguato di copertura assistenziale per soddisfare le esigenze dell’utenza cittadina nelle specialità di ginecologia e pediatria.

Il tasso di “fragilità sanitaria” collegato a fattori di rischio ambientale e di vulnerabilità sociale rispetto a quello di Palestrina, il fatto che “una parte del frusinate (bacino anagnino) sempre più spesso si rivolgeva al nosocomio di Colleferro” e l’esistenza di una significativa distanza tra i paesi di montagna (vedi Carpineto Romano ed altri) e l’ospedale di Palestrina non sono stati ritenuti argomenti rilevanti da parte del Consiglio di Stato per la restituzione dei reparti.

Senza contare che il Consiglio non ha valutato negativamente la mancata attuazione di misure “per l’assicurazione dei servizi di trasporto materno (STAM) e neonatale di urgenza (STEN)”, di cui l’Ospedale di Palestrina, che ha accorpato quello di Colleferro, è a tutt’oggi privo.

Ritenuto irrilevante dal Collegio pure l’argomento secondo cui negli anni immediatamente precedenti l’accorpamento, l’ospedale di Colleferro era stato ristrutturato.

Anche le dotazioni strutturali e la migliore organizzazione del nosocomio di Colleferro non sono state riconosciute ragioni valide dal Collegio per la riattivazione dei quattro reparti.

Nè ha avuto alcun rilievo il fatto che la ASL non abbia istituito l’ambulatorio ospedaliero “aperto 6 giorni su 7”, né mantenuto “la specialità di pediatria all’interno dello stabilimento di Colleferro, con l’attivazione di un ambulatorio aperto 3 giorni su 7”.

Il Consiglio ha confermato che i 500 parti l’anno, quale fattore di garanzia e di sicurezza per le partorienti e i nascituri, non può subire deroghe.

Infine, il Collegio ha ritenuto che l’accorpamento consente di eliminare la duplicazione di strutture, realizzando così una evidente razionalizzazione della spesa.

L’appello è stato ritenuto infondato e, pertanto, il Consiglio di Stato lo ha respinto.

In conclusione, questa battaglia è stata anche una lunga vicenda processuale perché i Comuni non avevano presentato istanza di prelievo per sollecitare la fissazione dell’udienza al Consiglio di Stato, come disposto dalla sentenza del TAR!

Una battaglia dove l’informazione ai cittadini è stata davvero carente/assente, così come ci lascia interdetti il fatto che i Comuni non abbiano chiesto di nominare un loro consulente, quando il Consiglio di Stato ha disposto l’affidamento di relazioni di “verificazione” – da cui dipendevano le sorti del ricorso – direttamente alle “controparti”, Regione e Asl Roma 5!

Come previsto nel comunicato del 26 aprile u.s. aver delegato a loro questa analisi ha lasciato poco spazio a un esito favorevole al ricorso.

Quattro anni per sapere quello che già tutti sapevamo e cioè che senza volontà politica quei reparti non potevano restare all’ospedale di Colleferro!

A parte infatti gli aspetti legali e giudiziari, chi doveva fare cosa ha fatto, a parte nominare legali “di sua fiducia”?

Gabriella Collacchi, Portavoce e Ina Camilli, Coordinatore del Comitato libero “A difesa dell’ospedale di Colleferro” –  Coordinamento territoriale

FOTO DI REPERTORIO DELLA NUOVA ALA DELL’OSPEDALE DI PALESTRINA

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